domenica 18 maggio 2008

La bellezza passa dallo sport

L’atleta classico (mi riferisco all’atleta-modello dell’Antica Grecia) aveva un culto perfetto del proprio corpo, preparato con la costanza e finalizzato alla battaglia o ai giochi olimpici e si diceva bello. Dove bello era anche buono nel senso di virtuoso, capace di agire per il meglio in determinate circostanze, valutate con la ragione e realizzate nella pratica con il corpo. Bello e buono in greco (agathon) sono sempre insieme, non si separano; sono ciò che per noi è la mente dal corpo: in dialogo costante, in simbiosi. E allora ciò che appare belle, è bello, di una bellezza costruita, scolpita, si può dire con la costanza, la fatica e il sudore, con l’allenamento. Esibire un corpo bello per lo sportivo è un traguardo, un valore aggiunto, un valore in . Un traguardo perché il corpo bello è il corpo armonioso, la sua armonia è frutto di una preparazione equilibrata, costruita attraverso il lavoro della mente sul corpo: la mente esorta il corpo alla fatica, all’equilibrio di una dieta sana e di un allenamento costante ma non forzato, non eccessivo. L’allenamento eccessivo porta ad un corpo sformato, sproporzionato, troppo grosso. L’assenza di armonia indica bruttezza. Il risultato del lavoro sul corpo gratifica la mente con la sua bellezza. Io mi vedo bello e mi sento bello: non solo esteriormente ma interiormente in quanto mi sento sano. Un corpo bello è un corpo sano: buono. C’è una differenza fra la magrezza eccessiva (che patologicamente diviene anoressia) e la magrezza costruita attraverso lo sport. La prima è brutta a vedersi in quanto spigolosa e sproporzionata, la seconda, quando il risultato è buono o addirittura perfetto, è bella a vedersi in quanto armoniosa e ben strutturata. Ciò dà alla mente la gioia che è la letizia del proprio sforzo, dell’aver raggiunto la perfezione della propria esteriorità e dona il piacere del godimento della visione del . Il corpo bello aggiunge valore all’atleta che diventa la migliore immagine di sé, la miglior propaganda della propria attività, della propria virtù. Il corpo bello a vedersi è piacevole, tutti ne godono: dall’atleta al pubblico che lo apprezza in campo come fuori, sulle copertine di una rivista. Ecco perché sempre più sportivi sono chiamati dal mondo della moda a presentare un modello di bellezza che è anche buona (sana e virtuosa, ricordiamo l’agathon). Essa è un messaggio positivo educante: Fate sport e sarete belli e buoni, gloriosi e virtuosi. Il corpo bello dello sportivo diventa modello educativo, è presentazione del proprio sudore finalizzato al risultato che si manifesta anche nel bell’effetto che fa. La bellezza è un valore in sé. Il bello è un valore universale di per sé. Da tutti accettato e da tutti apprezzato, goduto; chi possiede la bellezza gode di questo valore. Se la bellezza di un corpo atletico è poi il risultato di un lavoro, di una fatica, diventa virtù, diventa abitudine ad esibirla e quindi a costruirla e a guardarla da parte di chi ne gode, che ne apprezza anche il valore sotteso.