giovedì 27 marzo 2008

Vivi secondo natura è un motto sportivo?

Motto stoico sempre saggio. Vale ancora oggi? E soprattutto vale per lo sport? Vivi secondo Natura implica la conoscenza della natura e il proprio adattamento ad essa. Ora per quanto riguarda l’uomo possiamo ricordare che possiede una natura propria e che tale natura interagisce con l’ambiente. Considerando quanto da me già esposto (Filosofia dello sport) ritengo che la natura umana sia un’interazione dialogica fra mente e corpo. E tale interazione dialogica si relazioni poi ulteriormente ad altro e tale altro può essere l’ambiente. Lo sportivo sviluppa spesso una perfetta interazione dialogica con il suo corpo; non altrettanto con l’ambiente perché l’ambiente non è da lui direttamente controllabile. Se tiro un calcio al pallone troppo forte non va in rete; se abbasso troppo il braccio per la schiacciata il pallone mi rimbalza in faccia. Non ho calcolato il rapporto con l’ambiente e ho pensato solo al potenziamento del mio gesto atletico. Mi sono reso conto di essere forte e di aver lavorato bene sul mio muscolo ma non ho calcolato l’impatto ambientale che la mia forza ha e quindi sono giunto lo stesso all’errore. Non basta il dialogo con se stessi per essere un buon atleta e ottenere cosi risultati proficui; bisogna calcolare anche altre variabili e una di queste è la natura esterna. Tutti i fattori ambientali sono fondamentali per la buona riuscita di un gesto sportivo e devono essere considerati. Questo per quanto riguarda il dialogo con l’altro.

Nel dialogo con si stabilisce un equilibrio fra la propria mente e il proprio corpo; l’allenamento ci permette di conoscere il nostro corpo e l’influenza che ha sulla nostra mente. Mentre lo potenziamo ne conosciamo tutte le caratteristiche. Ne conosciamo la sua natura appunto. In questo modo però noi stiamo forzando la nostra natura perché le imponiamo ritmi e pressioni per raggiungere un risultato atletico. Capita che la potenziamo inesorabilmente ed eccessivamente. Il rapporto con la natura è fatto dall’equilibrio che si stabilisce con essa ed è determinato da una gestione del limite; nello sport ciò non avviene perché si tende a superare tale limite e quindi la nostra natura, rompendo l’equilibrio stabilitosi. Ciò porta sicuramente al risultato sportivo ma a lungo andare causa il degenerarsi del rapporto con la natura stessa, il corpo forzato è potenziato in maniera disequilibrata e alla lunga subirà dei tracolli. Strappi muscolari ne sono spesso un segnale. E allora che fare? Impedire agli sportivi di esserlo? Gli sportivi non hanno una vita più sana rispetto agli altri? NON MANTENGONO AL MEGLIO LE PROPRIE CONDIZIONI PSICOFISICHE, NON DIALOGANO IN MANIERA PERFETTA CON IL PROPRIO CORPO? Certo. Però si ritiene che la stagione sportiva possa avere un inizio e una fine e che pur essendo soggettiva vada calcolata e considerata nel rapporto con la natura per gestire al meglio l’equilibrio con il sé una volta ritrovato. Un atleta può durare qualche anno (uso Il termini “qualche” perché dipende dal soggetto e dallo sport che pratica) ai massimi livelli dopo vi sono le cadute. Comprendere questo limite è rispettare la propria natura e adeguarsi ad essa per ritrovare l’equilibrio con se stessi ed essere sereni. La serenità deriva dall’equilibrio e ciò vale sempre anche nello sport. Mantenere un giusto equilibrio e un perfetto dialogo con se è comprendere anche questi limiti frenando la propria attività sportiva ed adeguandola alla propria natura che cambia e si modifica con il passare del tempo.

“Vivi secondo natura” è un motto sportivo se non si pensa di essere nature straordinarie più del dovuto. I talenti non sono eterni e si curano dalla fase crescente alla loro fase calante adeguandovisi.