L’umile abbassa lo sguardo, sostiene l’avversario solo in campo, stringe la mano con cordialità alla fine della gara. La grinta la riserva al campo di gioco, il carattere è concentrato sull’obiettivo, non su stesso. L’umile ha una visione di sé forse troppo modesta. Abbiamo più volte scritto che l’outsider è un grande egocentrico. Ma umile che doti ha? L’amore per quello che fa. Viene donato allo sport, alla vita in campo, alla dedizione, all’allenamento. L’umile è il virtuoso. L’habitus della virtù gli calza a pennello. Non fatica a vedersi sottomettesso alle regole del gioco. Le conosce e le rispetta. Se le cambia? Era giusto così. Il cambio è uscito sul campo e viene dalla correttezza del gesto atletico, magari più potente, magari meglio calibrato. Mai scorretto. L’umile ha rispetto all’outsider una carta vincente paradossale: Si accontenta. Quindi digerisce meglio le sconfitte e sa farne tesoro per i momenti futuri. Quando vince? Dedica la vittoria a chi gli sta intorno e questo lo rende grande, più di qualsiasi campione del mondo.
(P.S. Ringrazio Gianluca Pantano, tennista lombardo, per avermi concesso un'intervista da cui è tratto questo articolo.)
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